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COP 28: io non ho capito

06 Dicembre, 2023

Negli ultimi mesi ci capita spesso di portare nelle scuole un progetto su plastica e microplastiche. Tra cruciverba e puzzle, a fine attività lasciamo ai ragazzi dei “superpoteri”: spunti per concretizzare quanto impariamo insieme, condividerlo con chi li circonda e fare la loro piccola parte e generare un grande cambiamento. Uno di questi superpoteri è proprio la capacità di curiosare, informarsi e capire.

Pare un’ovvietà, eppure oggi capire è un’azione spesso data per scontata. Nel campo dell’informazione circa i temi della sostenibilità, inoltre, è difficile a volte farsi strada in un intricato labirinto che a ogni svolta propone termini chilometrici, o inglesi, o espressioni talmente complicate che spaventano. Si ha spesso l’impressione che dire “non ho capito” o “non lo so” non sia un’opzione. Eppure, dietro questo muro di parole si nascondono concetti, decisioni o conoscenze che riguardano ognuno di noi.

Per cui se la risposta a “Che cos’è la COP 28?” per voi è un sonoro “Boh”, siete nel posto giusto. Perché oltre ad essere un titolone da giornale – e la polemica del momento- è anche uno spazio di manovra e decisione che, a cascata, può avere il potere di toccare anche le nostre, di vite. E perché senza democrazia non c’è sostenibilità, ma senza comprensione non può esserci democrazia.

Ma procediamo con ordine.

Cos’è la COP

L’espressione COP 28 sta per Conference of the Parties (in italiano: Conferenza delle Parti) numero 28. Le parti in questione sono gli Stati che, nel 1992, hanno firmato a Rio de Janeiro la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. Questa convenzione dal titolo lunghissimo – abbreviato infatti spesso in Accordi di Rio o Summit della Terra – è un trattato internazionale ambientale il cui obiettivo è la riduzione dei gas serra, fattore scatenante del cambiamento climatico. Ratificato[1] da 196 Stati, il trattato però non stabilisce per le nazioni dei limiti obbligatori alle emissioni di gas serra. Per questo prevede invece la possibilità che le nazioni adottino dei protocolli che definissero tali limiti; il più famoso sono senza dubbio il Protocollo di Kyoto del 1997[2] e gli Accordi di Parigi del 2015.[3]

Per valutare l’andamento delle strategie di diminuzione di emissioni di gas serra, il trattato prevede delle conferenze annuali, le COP appunto. La COP 2023 è infatti la ventottesima conferenza annuale scaturita dagli Accordi di Rio; la prima si è tenuta nel 1995 a Berlino. Da trattato, la COP si tiene a Bonn – sede del segretariato – a meno che, come accade invece normalmente, un Paese si offra di ospitare le conferenza. Nel 2023, in particolare, la COP ha luogo – dal 30 novembre al 12 dicembre – a Dubai, causando una certa (comprensibile) indignazione da parte di opinione pubblica e attivisti ambientalisti.

In breve, quindi, la COP è il più alto organo decisionale che applica e implementa le strategie di riduzione delle emissioni dei Paesi parte della Convenzione. Questi sono chiamati infatti a inviare alla COP dei report circa il loro impegno nell’anno passato. Nel 2023 nello specifico, uno dei punti principali all’ordine del giorno sarà il cosiddetto fondo Loss and Damage (in italiano: perdite e danni).

La decisione corona in realtà quanto stabilito in chiusura della COP 27, tenutasi nel 2022 a Sharm el-Sheikh: Paesi in via di Sviluppo e Paesi ricchi hanno raggiunto un accordo per la creazione di un fondo di prestiti da cui i paesi più vulnerabili potranno attingere in casi di danni dovuti ad eventi naturali causati dal cambiamento climatico. Questo fondo sarà finanziato dai Paesi sviluppati, ritenuti storicamente responsabili – poiché appunto più sviluppati e quindi responsabili di emissioni maggiori – per l’accelerazione del cambiamento climatico.

La COP 28: perché ci riguarda

La COP 28 è al momento ancora in svolgimento: non sappiamo di preciso cosa stabiliranno i Paesi, e non possiamo prevedere con certezza cosa ci aspetta. Una cosa, però, pensiamo vada tenuta a mente. Dubai ci sembra lontanissima, così come i meccanismi internazionali che riguardano le tematiche della sostenibilità sembrano non c’entrare niente con noi. Eppure, non è così. Quello che viene stabilito dalla COP ha il potere di cambiare le nostre vite. In ogni grande cosa si riflette la nostra vita: i nostri mezzi di trasporto, quello che mangiamo e che compriamo.

Sembra un’altra lingua, un altro universo; in realtà, però, ha anche un lato umano che è quello del futuro che ci aspetta. Per questo a volte è importante fermarsi, dire “io non ho capito cosa sta succedendo” e provare a fare un po’ di chiarezza. Non è solo un titolo di giornale: è il nostro futuro.

 

 

[1]  “Ratificare” non è sempre sinonimo di “firmare” un trattato. La firma significa che lo Stato accetta il trattato; la ratifica invece rende un trattato vincolante, cioè obbligatorio, per lo Stato che lo firma. Implica, ad esempio, che il Parlamento approvi l’obbligatorietà del trattato in questione nel territorio dello Stato.
[2] Il protocollo di Kyoto stabilisce dei chiari limiti di emissioni di gas serra.
[3] Gli Accordi sono diventati noti, tra le altre cose, perché impongono un limite all’aumento della temperatura a +2° rispetto ai livelli preindustriali.