Ogni anno un cittadino dell’Unione Europea genera in media 4,5 tonnellate di rifiuti, di cui circa la metà viene smaltita in discarica. Si tratta di numeri impressionanti che non siamo più in grado di sostenere né dal punto di vista ambientale né da quello economico. Questi numeri sono la conseguenza diretta del modello dell’economia lineare, basato sulla produzione di un bene, il suo consumo e successivamente il suo smaltimento. In quest’ottica ogni prodotto è inevitabilmente destinato ad arrivare “a fine vita”.
Oggi è assolutamente necessario contrapporre al modello lineare quello di economia circolare dei rifiuti, il cui principale obiettivo è proprio quello di oltrepassare il concetto di fine vita della materia.
Per comprendere meglio il concetto di economia circolare basta osservare ciò che accade in natura, dove non esiste il rifiuto: tutto quello che viene prodotto ha uno scopo e il materiale di scarto diventa una nuova risorsa.
Per economia circolare dei rifiuti si intende quindi un sistema dove il prodotto di scarto viene rimesso in circolo come materia prima seconda. Risulta quindi necessario inserire dei passaggi intermedi virtuosi come la riparazione o il riutilizzo dopo il consumo e prima dello smaltimento.
Secondo la commissione europea, «Un’economia circolare mira a mantenere per un tempo ottimale il valore dei materiali e dell’energia utilizzati nei prodotti nella catena del valore, riducendo così al minimo i rifiuti e l’uso delle risorse. Impedendo che si verifichino perdite di valore nei flussi delle materie, questo tipo di economia crea opportunità economiche e vantaggi competitivi su base sostenibile».
Si tratta quindi di un modello che:
È fondamentale che il passaggio all’economia circolare avvenga il prima possibile perché il modello economico lineare ormai non è più sostenibile: le risorse naturali sono limitate e sono sempre più prossime all’esaurimento, la velocità con cui vengono consumate non consente alla Terra di produrne di nuove per tempo. Inoltre, spesso vengono utilizzate in modo inefficiente, causando enormi sprechi. Il modello dell’economia lineare ha portato ad una crescita esponenziale della produzione di rifiuti, che oggi supera di gran lunga la soglia che permette di trattarli, gestirli e smaltirli in modo corretto.
Questo processo, essenziale per il nostro futuro e quello del pianeta, coinvolge tutti, dal produttore al consumatore, dalla catena di distribuzione alla gestione dei rifiuti.
Nel nuovo paradigma dell’economia circolare i produttori hanno un ruolo centrale. Le imprese devono infatti ripensare le fasi di progettazione, produzione e commercializzazione dei prodotti. Una maggiore attenzione all’interno delle catene di fornitura può portare allo stesso tempo a ridurre i costi, a diminuire i danni all’ambiente dovuti alle emissioni di CO2 e a dimezzare la produzione di rifiuti. Occorre superare l’idea del prodotto usa e getta o a vita breve per lasciare spazio alla cultura del riutilizzo, della ricostruzione e del riciclaggio. Non è infatti più concepibile l’idea di sfruttare la terra per prelevare materie prime al fine di realizzare un prodotto che in brevissimo tempo possa diventare un rifiuto, magari anche di difficile smaltimento.
I progressi dell’ecoinnovazione offrono nuovi prodotti, processi, tecnologie e strutture organizzative. Le aziende possono sempre di più sperimentare nuovi mercati, passando dalla vendita di prodotti a quella di servizi come il noleggio, la condivisione, la riparazione, il potenziamento o il riciclaggio dei singoli componenti.
In linea con l’obiettivo dell’UE di neutralità climatica entro il 2050, nel marzo 2020 la commissione Europea ha proposto un nuovo piano di azione per l’economia circolare. I deputati hanno approvato delle iniziative per combattere l’obsolescenza programmata, per migliorare la durata e la riparabilità dei prodotti, per rendere più forti i diritti dei consumatori introducendo il “diritto alla riparazione” e per rendere maggiormente consapevoli i consumatori circa l’impatto ambientale dei prodotti e servizi acquistati.
Inoltre sono stati individuati sette settori chiave su cui lavorare per raggiungere un’economia circolare: plastica, tessile, rifiuti elettronici, cibo e acqua, imballaggi, batterie e veicoli, edifici e costruzioni.
Anche il comportamento del consumatore non deve essere sottovalutato. Il consumatore infatti non ha solo il potere di modificare il mercato, scegliendo ad esempio di evitare di acquistare prodotti destinati ad avere vita breve, ma ha anche la grande responsabilità di imparare ad allungare il più possibile il ciclo di vita dei prodotti e prendere le distanze dalla cultura dello spreco in cui siamo immersi.
Decidendo di sostituire un prodotto rotto, come ad esempio un elettrodomestico, invece che aggiustarlo o di buttare via oggetti ancora in buone condizioni per il semplice desiderio di cambiare, si va ad ingigantire un problema già molto complesso.
È quindi fondamentale che il consumatore faccia delle scelte di acquisto consapevoli, mirate a ridurre al minimo gli sprechi e la sua impronta ecologica.
L’impronta ecologica è un indicatore che misura il consumo da parte degli esseri umani delle risorse naturali prodotte dalla terra.
Per approfondire come si calcola l’impronta ecologica segui questo link: https://www.fasda.it/impronta-ecologica/
Seguendo il modello dell’economia circolare i consumatori potranno avere prodotti più durevoli e innovativi, che permetteranno di far risparmiare e di migliorare la qualità della vita.
Si stima ad esempio che ricondizionare i veicoli commerciali leggeri anziché riciclarli possa far risparmiare oltre 6,4 miliardi di euro l’anno in spese per il materiale, 140 milioni di euro in costi energetici e portare ad una riduzione delle emissioni di gas di circa 6,3 milioni di tonnellate.
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